Cassazione, sentenza n. 10356/2016 CONTESTAZIONE DISCIPLINARE, TEMPI DA VALUTARE

da consulenti del lavoro.it

La tempestività di una contestazione disciplinare va valutata non muovendo dall’epoca dell’astratta conoscibilità dell’infrazione, bensì dal momento in cui il datore ne acquisisca in concreto piena conoscenza, a tal fine non bastando meri sospetti.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10356/2016, ha ribadito un orientamento giurisprudenziale già consolidato, precisando che non basta il solo sospetto di illeciti disciplinari per misurare il tempestivo avvio della contestazione, essendo viceversa necessario che il datore possa attendere il completamento delle indagini interne avviate nel frattempo.

Nel caso di specie, l’addetto alla liquidazione sinistri di una compagnia di assicurazioni, aveva licenziato il dipendente per avere compiuto, nell’arco di 3 anni, gravi irregolarità nella liquidazione di 26 sinistri a vantaggio sempre dello stesso avvocato.

Gli illeciti disciplinari sono stati scoperti solo dopo le lunghe indagini svolte dai revisori del gruppo societario. Il lavoratore aveva contestato la legittimità del licenziamento sia considerando l’azione disciplinare promossa tardivamente, sia perché la compagnia aveva attivato tardivamente i controlli sull’operato dei dipendenti.

La Cassazione, invece, ha ritenuto che il vizio di tardività della contestazione sollevato dal lavoratore fosse privo di consistenza. Bisogna mantenere, secondo la Cassazione, ben fermo il principio secondo cui non basta il mero sospetto per la contestazione, ancor prima di conoscere l’esito delle verifiche in corso: diversamente si costringerebbe l’azienda ad anticipare la contestazione senza ancora disporre dei dati conoscitivi per valutare le giustificazioni eventualmente offerte dal lavoratore.

Né è sostenibile che il datore debba anticipare l’iter disciplinare prima ancora di disporre dei necessari dati conoscitivi perché poi, in loro attesa, potrebbe sospendere il proprio giudizio. È vero, invece, il contrario, se solo si pensa alla decadenza dall’esercizio del potere disciplinare previsto in tempi assai rapidi da numerosi contratti collettivi.
La Suprema Corte, nel ribadire che il principio di tempestività della contestazione deve essere inteso in senso relativo, alla luce della complessità degli accertamenti da svolgere sul piano istruttorio, ha censurato la tesi del lavoratore secondo cui la tardività era resa evidente, nel caso concreto, dall’esistenza di un obbligo in capo al datore di esercitare un periodico controllo sull’operato dei propri dipendenti.

Un’ulteriore conferma arriva anche dalla sentenza di Cassazione n.10839/16.