Cassazione – Sentenza 06 febbraio 2012, n. 1717 – ISPEZIONI LAVORO- Sanzioni amministrative e Ricorso al comitato Regionale per i rapporti di lavoro

Applicazione – Opposizione – Ricorso al comitato regionale per i rapporti di lavoro – Effetto sulla decorrenza del termine per l’opposizione giudiziaria – “Sospensione” ex art. 17 del d.lgs. n. 124 del 2004 – Equivalenza ad interruzione – Fondamento

Con provvedimento denominato “sentenza” del 16 novembre 2009 il Tribunale di Milano dichiarava inammissibile il ricorso promosso da P.M., in proprio e quale legale rappresentante della s.r.l. S., contro l’ordinanza ingiunzione emessa dalla Direzione Provinciale del lavoro di Milano (n. 146/08/i) per violazione di norme in materia di lavoro subordinato.

Il ricorrente aveva negato di essere titolare di rapporti di lavoro subordinato, quale datore di lavoro.

L’inammissibilità era data dal mancato rispetto del termine di trenta giorni previsto dall’art. 22 Legge 24 novembre 1981 n. 689, sospeso per ricorso amministrativo ai sensi dell’art. 17 d. lgs. 23 aprile 2004 n. 124.

Contro la sentenza ricorre per cassazione il M. mentre la Direzione Provinciale resiste con controricorso.

Circa l’impugnazione dei provvedimenti giudiziari in materia di pagamento di sanzioni amministrative, deve rilevarsi un contrasto giurisprudenziale nell’ambito di questa Corte, relativo all’ufficio competente.

Per alcune pronunce l’art. 26 d.lgs. 2 febbraio 2006 n. 40 ha bensì attribuito in via di regola la competenza alla Corte d’appello, con eccezione però dell’impugnazione dell’ordinanza giudiziaria dichiarativa d’inammissibilità delle impugnazione per mancata osservanza del termine, prevista dall’art. 23, primo comma, l. n. 689 del 1981, non modificato dall’art. 26 d. lgs. cit. (Cass. 24 novembre 2009 n. 24748, 22 aprile 2010 n. 9667, 2 agosto 2010 n. 18009, 8 giugno 2011 n. 12521). Per contro Cass. Sez. lav. 23 febbraio 2010 n. 4355 ritiene che l’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 23, primo comma, della legge n. 689 del 1981 in caso di tardiva proposizione del ricorso è non impugnabile con ricorso per cassazione ma con l’appello, allo stesso modo dell’ordinanza di convalida emessa ai sensi del quinto comma in caso di mancata comparizione dell’opponente alla prima udienza, non assumendo alcun rilievo la mancata modificazione del primo comma da parte dell’art. 26 del d. Igs. n. 40 cit., in quanto l’appello costituisce il mezzo generale d’impugnazione delle decisioni rese nei giudizi di opposizione a sanzioni amministrative.

Questo collegio ritiene di uniformarsi al primo dei due orientamenti, espresso da un maggior numero di sentenze, e ciò per una migliore realizzazione del principio di nomofilachia, e così di dichiarare ammissibile il ricorso, non assumendo poi alcun rilievo il fatto, puramente formale, dell’essere stato denominato il provvedimento qui impugnato “sentenza” invece che “ordinanza”.

Col primo motivo il ricorrente lamenta la falsa applicazione degli artt. 17 d. Igs. n. 124 del 2004, e 8 l. 14 febbraio 2003 n. 30, in relazione agli artt. 3, 24, 113 Cost, negando l’intempestività del suo ricorso proposto al Tribunale contro l’ingiunzione emessa dalla Direzione provinciale del lavoro: infatti il termine di trenta giorni, stabilito dall’art. 22 l. n. 689 del 1981 era stato interrotto – e non soltanto sospeso come erroneamente ritenuto dalla decisione giudiziaria ora impugnata – dal ricorso al Comitato regionale per i rapporti di lavoro, necessario perché imposto dall’art. 14 d. Igs. cit.

Ne consegue, secondo il ricorrente, che dopo il provvedimento di reiezione del ricorso amministrativo, il termine di trenta giorni in questione era iniziato di nuovo a decorrere e, prima della sua scadenza, era stato proposto il ricorso all’autorità giudiziaria, che perciò doveva considerarsi ammissibile. Il motivo è fondato.

L’art. 17 d. Igs. n. 24 del 2004 (ndr L’art. 17 d. Igs. n. 124 del 2004) istituisce presso ogni direzione regionale del lavoro un comitato regionale per i rapporti di lavoro, competente a decidere tutti i ricorsi avverso gli atti di accertamento e le ordinanze-ingiunzioni emesse dalle dette direzioni. Il comma 3 dello stesso articolo diceva che il ricorso amministrativo “sospende” i termini di cui agli artt. 14, 18 e 22 l n. 689 del 1981.

Il riferimento all’art. 22 è stato soppresso dall’art. 34, comma 5, d. lgs. 1° settembre 2011 n. 150, che però ai sensi del successivo art. 36 non è applicabile ai processi pendenti alla data della sua entrata in vigore. All’epoca dei fatti di causa, perciò, l’art. 17, comma 3, cit, si applicava nel testo originario.

Se fosse esatta l’interpretazione letterale data a questa disposizione dal Tribunale, secondo cui la sospensione andrebbe intesa nel senso di cui agli artt. 2941 e 2942 cod. civ., una volta proposto dall’ingiunto tempestivamente un ricorso amministrativo entro ventinove giorni dalla notificazione dell’ingiunzione, come nel caso di specie, dopo la decisione del comitato regionale il medesimo disporrebbe di un solo giorno per ricorrere al giudice.

Il suo diritto di adire l’autorità giudiziaria, non azionabile per difetto di interesse (art. 100 cod. proc. civ.) prima della decisione sfavorevole del comitato, risulterebbe troppo difficilmente esercitabile, con conseguente contrasto dell’art. 17, comma 3 cit., con il principio di ragionevolezza e con il diritto di difesa in giudizio, tutelato dall’art. 24 Cost. Una siffatta interpretazione, – risultante tanto più in contrasto con la Costituzione quando si consideri che il procedimento giurisdizionale di opposizione alle sanzioni amministrative, regolato in via generale dagli artt. 22 e 23 della legge n. 689 del 1981, si caratterizza “per una semplicità di forme del tutto peculiare, all’evidenza intesa a rendere il più possibile agevole l’accesso alla tutela giurisdizionale nella specifica materia” (Corte Cost sentt. nn. 98 del 2004 e 365 del 2010) – deve essere rifiutata e ad essa va preferita l’interpretazione del testo originario dell’art. 17, comma3, cit. secondo cui il ricorso interrompe, e non sospende, il termine di cui all’art. 22 l. n. 689 del 1981, con la conseguenza che, ottenuti dall’ingiunto la decisione sfavorevole, oppure il silenzio rifiuto, del comitato regionale, per effetto dell’interruzione inizia un nuovo decorso del termine in questione (cfr. art. 2945, primo comma, cod. civ.).

In tal senso si esprime letteralmente il legislatore del 2004 con l’art. 16 d. lgs. cit, relativo ai ricorsi in materia diversa dalla sussistenza o qualificazione dei rapporti di lavoro: il trattamento differente stabilito dai due artt. 16 e 17 risulterebbe ancora una volta in contrasto col principio di ragionevolezza.

Accolto il primo motivo di ricorso, gli altri debbono essere dichiarati inammissibili perché relativi al merito della controversia, vale a dire ad un tema non deciso dal Tribunale. In essi difetta perciò il requisito dell’interesse.

Cassata la decisione impugnata, la causa va rinviata ad altro giudice del Tribunale di Milano, che provvederà anche in ordine alle spese processuali.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara inammissibili gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Milano, anche per le spese.