riferimento normativo
Art. 1335 Codice Civile Presunzione di conoscenza.
La proposta, l’accettazione, la loro revoca e ogni altra dichiarazione diretta a una determinata persona si reputano conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia.
Giurisprudenza prevalente.
In tema di consegna dell’atto di licenziamento nell’ambito del luogo di lavoro, il rifiuto del destinatario di riceverlo non esclude che la comunicazione debba ritenersi regolarmente avvenuta, trattandosi di un atto unilaterale recettizio che non sfugge al principio generale per cui il rifiuto della prestazione da parte del destinatario non può risolversi a danno dell’obbligato e alla regola della presunzione di conoscenza dell’atto desumibile dall’art. 1335 c.c. (Corte di Cassazione 18/9/2009 n. 20272, “Prima di tutto l’ambiente di lavoro: giusta causa di licenziamento per i ‘molestatori'”)
Il principio secondo cui, anche al di fuori dell’ambito di operatività dell’art. 138, secondo comma, c.p.c., il rifiuto del destinatario di un atto unilaterale recettizio di ricevere lo stesso non esclude che la comunicazione debba ritenersi avvenuta e produca i relativi effetti, ha un ambito di validità determinato dal concorrente operare del principio secondo cui non esiste, in termini generale e incondizionati, l’obbligo, o l’onere, del soggetto giuridico di ricevere comunicazioni e, in particolare, di accettare la consegna di comunicazioni scritte da parte di chicchessia e in qualunque situazione. In particolare, nel rapporto di lavoro subordinato è configurabile in linea di massima l’obbligo del lavoratore di ricevere comunicazioni, anche formali, sul posto di lavoro e durante l’orario di lavoro, in dipendenza del potere direttivo e disciplinare al quale egli è sottoposto (così come non può escluderi un obbligo di ascolto, e quindi ha confermato sul punto la sentenza di merito che aveva ritenuto illegittimo il rifiuto opposto dal lavoratore a ricevere la lettera di licenziamento che il datore intendeva consegnargli a mano all’interno della struttura nella quale lavorava e durante l’orario di lavoro. (Corte di Cassazione 5/11/2007 n. 23061)
La mancata sottoscrizione della lettera di licenziamento consegnata a mano al lavoratore e da quest’ultimo riconosciuta come atto riferibile al datore di lavoro, al punto da avere impugnato il licenziamento, non è causa di inesistenza/inefficacia dello stesso, in quanto, a differenza della comunicazione di licenziamento inviata per telegramma, non si pone il problema della verifica della riferibilità dell’atto al datore di lavoro. (Trib. Pistoia 20/4/2007 “Spunti in tema di sottoscrizione e motivazione della lettera di licenziamento per giustificato motivo oggettivo e di prova del requisito dimensionale”)
Non può invocare il difetto di forma scritta del recesso e l’applicabilità della sanzione dell’inefficacia comminata dall’art. 2, per il caso di licenziamento orale, il lavoratore il quale rifiuti di accettare la lettera di licenziamento che il datore di lavoro abbia tentato di consegnargli in azienda durante l’orario di servizio. (Corte d’Appello Firenze 18/2/2003 “Il rifiuto del lavoratore di accettare la consegna della lettera di licenziamento non priva del requisito della forma scritta l’atto di recesso”)
Secondo un principio fondamentale del nostro ordinamento, desumibile dalle norme sulla mora credendi, nonché dall’art. 1335 c.c. e dall’art. 138 c.p.c., il rifiuto di una prestazione da parte del destinatario non può risolversi a danno dell’obbligato; per cui anche il rifiuto di ricevere l’atto scritto di licenziamento non impedisce il perfezionarsi della relativa comunicazione (Corte di Cassazione Sezione Lavoro 12 novembre 1999 n. 12571)